Consumo critico - Economia Solidale (GAS, DES)

«stringete la mano che vi nutre.
Non appena lo fate, l’affidabilità torna ad essere una
questione di rapporti umani invece che di normative,
etichette o responsabilità legali. […]
La regolamentazione è un sostituto imperfetto di
quell’affidabilità e di quella fiducia che sono parti
integranti di un mercato nel quale produttore e il
consumatore possono guardarsi negli occhi. Solo
quando saremo corresponsabili di una catena
alimentare corta potremo, settimana dopo settimana,
prendere coscienza del fatto che noi facciamo parte di
una catena alimentare e che la nostra salute dipende
dalla sua gente, dai suoi terreni e dalla sua integrità dal suo stato di salute.»
M.Pollan


L’approccio critico al consumo è notevolmente cresciuto in Italia negli ultimi anni, ripercorrerne un po’ la storia può rendere più chiari i nuovi obiettivi che i movimenti civili ispirati a principi di etica e solidarietà si stanno dando.
Tutto è cominciato alla fine degli anni ‘80 con il boicottaggio dei prodotti alimentari e artigianali fabbricati dai colossi multinazionali: Del Monte per l’ananas e le banane, Nestlé per il latte in polvere e la cioccolata, Nike per i palloni da calcio.
Gli aderenti alle campagne di boicottaggio hanno subito parlato di “consumo critico“, un nuovo modo di fare acquisti rispettoso dell’ambiente e dei diritti umani. Sotto accusa, lo sfruttamento del lavoro minorile (i palloni Nike cuciti a mano dai bambini nepalesi), le massacranti condizioni dei braccianti Del Monte nelle piantagioni del Kenya, la scorretta informazione condotta dalla Nestlé nell’Africa nera, al fine di disincentivare l’allattamento al seno e optare per il costoso latte in polvere.
Da allora, il consumo critico ha preso piede rapidamente in tutta Italia in particolare attraverso il volto dei Gas dal 1999 riuniti in coordinamento (ReteGas).
Il GAS è un soggetto associativo senza scopo di lucro costituito al fine di svolgere attività di acquisto collettivo di beni e distribuzione dei medesimi con finalità etiche, di solidarietà sociale e di sostenibilità ambientale. Non è necessario avere la partita Iva per la fatturazione, basta il codice fiscale della singola associazione o della persona fisica che acquista per conto del gruppo. La costituzione di un gruppo informale di consumatori che decidono di acquistare prodotti da contadini del territorio è il primo passo operativo.
Questo nuovo approccio alla produzione e al consumo ha dovuto creare nuovi spazi e nuove strade che fossero alternative, se non in aperta opposizione, al mercato convenzionale.
Nella molteplicità delle esperienze, la cui espressione è fortemente condizionata dal contesto in cui nascono e si sviluppano, si trovano alcuni caratteri fondamentali:
· la ricerca del contatto diretto tra gli attori coinvolti (produttori e consumatori nei casi più semplici, fino ad arrivare al coinvolgimento di numerosi altri soggetti, come associazioni, enti locali, università ecc.);
· la ricerca di una relazione autentica, basata sulla fiducia, sulla conoscenza personale, sull’esperienza diretta della condivisione e della solidarietà;
· la necessità di costruire una rete di relazioni e una comunità di persone che sia radicata su un territorio o che consenta di creare uno spazio, anche non fisico, in cui gli attori possano condividere valori, ideali e iniziative (per esempio il commercio equo e solidale).

Dunque ciò che emerge è l’innovatività del modello di crescita “a rete”, capace tanto di connettere nuove esperienze in un contesto più ampio ed efficace, conservandone (anzi valorizzandone) la pluralità e la partecipazione capillare, quanto di aggirare i difetti tipici delle grandi organizzazioni (burocratizzazione, impersonalità, delega ai livelli centrali, svalutazione dei livelli locali, progressiva normalizzazione e perdita del potenziale trasformativo);
L’evidenza che i GAS rappresentano ormai una entità sociale con una consistente potenzialità di cambiamento, praticata nei consumi quotidiani, ma capace di investire la sfera sociale e politica ha reso necessario sviluppare una riflessione più ampia, che coinvolge altri aspetti della vita quotidiana. Spesso si è verificato anche il percorso inverso, che ha portato l’attenzione di cittadini, attivi all’interno di associazioni con altri obiettivi, verso la conversione dei propri consumi e la condivisione della scelte di acquisto, come un elemento che arricchisce e stimola continuamente una riflessione, innescata in precedenza da altre sensibilità.

Per questo, nel vasto panorama dei gruppi presenti, esistono realtà che si limitano ad effettuare gli acquisti ma, nella maggior parte dei casi, la condivisione di riflessioni porta alla definizione di progetti rivolti sia all’azione concreta (progetti di cooperazione con paesi del Sud del mondo ma anche piccole realizzazioni sul territorio locale), che all’educazione e alla sensibilizzazione nei contesti locali.

Lo sviluppo da vari anni di reti di realtà economiche che si definiscono di Economia Solidale e la creazione delle condizioni affinché iniziative economiche diverse, democratiche, eccellenti e motivate socialmente, radicate nel territorio, trovino opportunità per conoscersi e farsi conoscere, aiutare e farsi aiutare, innescare processi economici nuovi, coordinati e partecipati e diffonderli, ha portato alla costruzione di circuiti in cui fluiscono i beni, i servizi e le informazioni prodotti dalle realtà dell'economia solidale, in modo che queste si possano sostenere a vicenda, creando gli spazi per un'economia diversa.

Nel processo di attivazione della Rete di Economia Solidale è stata strategica la capacità di attivare a partire dai territori, i "distretti di economia solidale" (DES). Tali distretti si configurano quali "laboratori" di sperimentazione civica, economica e sociale, in altre parole come esperienze pilota in vista di future più vaste applicazioni dei principi e delle pratiche caratteristiche dell'economia solidale.
I "soggetti" dei Distretti dell'economia solidale comprendono:
- le imprese dell'economia solidale e le loro associazioni;
- i consumatori e le loro associazioni;
- i risparmiatori finanziatori delle imprese e delle iniziative dell'economia solidale e le loro
associazioni o imprese;
- i lavoratori dell'economia solidale;
- le istituzioni (in particolare gli Enti Locali) che intendono favorire sul proprio territorio la
nascita e lo sviluppo di esperienze di economia solidale.

I distretti rappresentano una risposta propositiva ai processi disgregativi della globalizzazione (uniformazione, sradicamento, degrado ecologico e sociale) attraverso tre principi cardine:

- Cooperazione e reciprocità (scambi prioritariamente all’interno del DES)
- Valorizzazione del territorio
- Sostenibilità sociale e d ecologica

La realizzazione pratica dei tre principi fondamentali enunciati viene perseguita attraverso il
metodo della partecipazione attiva dei soggetti.

Dalla necessità di unire sempre più saldamente la pratica dei GAS con le nascenti esperienze dei DES, nasce l’intenzione di promuovere la Certificazione Partecipativa e i Sistemi di Certificazione Partecipata (PGS): la formazione della credibilità costruita attraverso una comunità di persone in rete che unisce produttori e consumatori a partire dalle proprie locali relazioni di fiducia.

Il classico “bollino” di terza parte non appare sempre il più adeguato a garantire la qualità di una produzione o le caratteristiche di un produttore in aderenza ai principi dell’economia delle relazioni: prevede un ruolo passivo del produttore, agisce su base esclusiva e discreta (o si è dentro o fuori senza gradualità), trae legittimità dalla indifferenza rispetto al contesto ed alla scala locale (mentre la certificazione partecipativa è differente da contesto a contesto), sono certificazioni specializzate verticalmente, su singoli aspetti (ogni “bollino” certifica un solo aspetto di un processo
produttivo o un prodotto, non il contesto intero), richiedono una significativa burocrazia e costi non sempre sostenibili.

I GAS intendono dunque promuovere i PGS perché appaiono coerenti con il loro approccio (più di quanto non lo sia la tradizionale certificazione di terza parte): paritari e basati sulla relazione, inclusivi, vicini al contesto locale, multi-criterio, adatti anche ai piccoli produttori, più leggeri, dinamici e adattivi.
I PGS consentono di aprirsi ad altri contesti. Un marchio gestito su base fiduciaria e partecipata può consentire di ampliare le reti distributive dei prodotti rimanendo protagonisti del processo, senza snaturare il quadro relazionale e valoriale, prendendo però atto che la sostenibilità delle filiere di economia solidale necessita spesso di una scala più ampia dei soli GAS. Tale apertura significa anche estendere l’insieme dei produttori di riferimento, evitando (come spesso capita alle reti di GAS) di concentrarsi su pochi produttori virtuosi già “accreditati”.
L’intento è la realizzazione di un sistema che possa essere alternativo al modello economico dominante, e che possa basarsi su relazioni interpersonali dirette e sulla condivisione degli obiettivi; questo sistema mira alla conversione dei consumi verso un’economia sostenibile, più rispettosa dell’ambiente e in sintonia con le reali esigenze dei consumatori e delle consumatrici.

 incontro gas 2010

Sistemi di garanzia partecipata