venerdì 23 marzo 2012

Campagna Terra Bene Comune












Vertenza per la salvaguardia dell'Agro Romano - Terre pubbliche ai nuovi agricoltori - Az.Agr. CORAGGIO

VERTENZA PER LA SALVAGUARDIA DELL'AGRO ROMANO
TERRE PUBBLICHE AI NUOVI AGRICOLTORI

“La Terra possiede risorse sufficienti per provvedere
ai bisogni di tutti, ma non all’avidità di alcuni”
Mahatma Gandhi


La vertenza intende sottoporre all’attenzione delle istituzioni il problema dell’adeguata
utilizzazione delle aree di proprietà pubblica a vocazione agricola presenti nel territorio della
Capitale. Siano esse già patrimonio pubblico o pervenute alla disponibilità delle Amministrazioni
pubbliche per effetto di cessioni o compensazioni urbanistiche, ma anche delle IPAB o altri enti, e
per il trasferimento di proprietà demaniali o per effetto della confisca di immobili alle
organizzazioni criminali, questi terreni dovrebbero essere utilizzati e, al contempo,
salvaguardati, per produrre in maniera integrata beni privati e beni pubblici.
Questo potrebbe avvenire attraverso strumenti di gestione del territorio quali i parchi
agricoli. I vantaggi dei parchi agricoli urbani sono innumerevoli per i conduttori agricoli e per i
cittadini che, in ogni caso, non perdono la fruibilità degli spazi, ma anzi guadagnano la possibilità di
vivere in prima persona la campagna sotto casa.
Questo documento nasce dall’idea di alcuni agricoltori e dalla volontà di giovani e
disoccupati di ritornare all’agricoltura e alle attività ad essa connesse, e dall’impossibilità pratica di
accedere alla terra sia per mancanza di credito che per gli scarsi finanziamenti erogati
all'agricoltura. Problema comune, d’altronde, anche a molte realtà già esistenti, insediate da anni, e
professionalmente attrezzate che soffrono per l’impossibilità di aumentare o rilanciare la
produzione.
Questa vertenza è il risultato del presidio svoltosi nel mese di gennaio 2012, nel
comprensorio agricolo di Tor Marancia, (circa 200 ettari di superficie - Mun. XI - all’interno del
Parco dell’Appia Antica), terreno che è in corso di acquisizione alla proprietà da parte del Comune,
a seguito della compensazione urbanistica approvata dal Consiglio Comunale con Deliberazione n.
71 del 30 marzo 2006.
Il presidio è stato organizzato e promosso dalla Coop. Carlo Pisacane, dalla Società
Agricola Co.R.Ag.Gio, dalle Coop. Agricoltura Nuova e Co.Br.Ag.Or insieme a Territorio
Roma, alla C.I.A. (Confederazione Italiana Agricoltori) Roma e all’A.I.A.B. (Associazione
Italiana Agricoltura Biologica).
Il presidio di Tor Marancia è stato anticipato da altri appuntamenti: il presidio
all’Acquafredda e la realizzazione di un Murales che rappresenta le tematiche della vertenza sulla
panoramica a Monte Mario, per ricordarne solo alcune. Il movimento, inoltre, proseguirà nella sua
azione continuando gli incontri con le Istituzioni interlocutrici della vertenza – incontri già avviati e
in corso questi giorni – ma anche ricercando il confronto con tutte quelle realtà che possono
contribuire ad allargare la base del movimento. Noi immaginiamo di aprire il fronte
dell’interlocuzione sociale e politica sulla nostra proposta, dedicandoci al confronto a 360 gradi –
nel mondo agricolo, nel mondo associativo e sindacale, con le rappresentanze politiche. Tassello
dopo tassello, definendo i soggetti per ognuno dei settori con i quali vogliamo e dobbiamo
confrontarci per trovare punti di vista comuni, immaginiamo che la vertenza non si fermi ai confini
di Roma ma possa progressivamente coinvolgere l’hinterland e l’area metropolitana con le sue
realtà territoriali e associative e proseguire le iniziative.
Centrale nella vertenza è che Roma rimanga il Comune agricolo più grande d’Europa
e questo grazie all’attività degli agricoltori, la cui sopravvivenza è costantemente minacciata
dall’espansione urbanistica e dall’assenza di ricambio generazionale. Nonostante si riscontri
un interesse crescente per il ritorno alla terra ed una rinnovata attenzione dei consumatori
per le produzioni locali, la campagna dell’Agro Romano, ricca di storia e cultura e che, per
tanta parte della storia della capitale ne ha determinato la ricchezza e i rapporti di potere,
vive in attesa del cambio di destinazione d’uso tramite variante urbanistica.
L’Agro Romano di oggi ha perso la sua identità e vive per negazione, non più campagna ma
ciò che non è ancora città. Allo stesso tempo, in città, l’agricoltura e la vita rurale riemergono negli
spazi interstiziali, sugli argini dei fiumi, riqualificano le periferie degradate. Da una parte un
paesaggio speculare alla trasformazione urbanistica della capitale: scomposto, discontinuo,
raramente pianificato. Uno scenario pasoliniano fatto di palazzi e campagna, ruderi antichi e
moderni centri commerciali, strade veloci e pascoli lenti, in un eterno contrasto tra la città che
tracima dai propri confini e, dall’altra, una campagna che si insinua di fatto nel consolidato: una
lotta di reciproche espansioni come olio nell'acqua. Una discontinuità urbana diffusa che si rifiuta di
essere considerata area di completamento urbanistico e ambisce ad essere, ancora una volta, risorsa
per Roma.
A partire dal limite all'espansione, dettato proprio dai nuovi strumenti pianificatori, è
possibile, da una parte, superare l'idea che valorizzare un'area voglia dire trasformarla da agro a
nuova edificazione spostando sempre più in là il confine dell'urbanizzato e, dall'altra volgere
decisamente lo sguardo verso una nuova ruralità con un potenziale mercato di oltre quattro milioni
di residenti in ambito provinciale: l'assurdità e lo spreco del nostro tempo sta tutto nell'immagine
delle consolari romane intasate da tir pieni di merci destinate ai grandi centri commerciali mentre i
territori agricoli circostanti sono sempre meno produttivi e destinati all'abbandono. Rendere dunque
di nuovo produttivo l’Agro Romano strappandolo al limbo delle varianti al piano regolatore e
rilanciando l’agricoltura, applicando il modello dell'agricoltura biologica, multifunzionale, sociale –
anche in città.
Immaginiamo l’Agro Romano e i terreni agricoli urbani gestiti con la creatività, la vitalità
economica e la dedizione degli agricoltori. O con l’entusiasmo, la curiosità, e la propensione al
futuro dei giovani imprenditori agricoli. Le aziende agricole, società o cooperative che siano, sono
una componente fondamentale della società, del paesaggio e dell’economia del settore primario del
nostro paese. Nonostante il risultato delle politiche agricole sia la tendenza all’accentramento delle
terre in mano a chi con esse non ha un diretto rapporto di produzione e cura, sono proprio le aziende
a svolgere una importante funzione di salvaguardia del territorio e ad aver rilanciato i mercati locali
con la creazione di nuovi circuiti di produzione e consumo a livello territoriale, con il recupero e la
valorizzazione dei prodotti tradizionali e della biodiversità agricola. Inoltre, indagini condotte
recentemente, affermano che sono proprio le piccole e medie imprese diversificate e
multifunzionali, legate alla diversità dei sistemi territoriali che si dimostrano più sostenibili e
dinamiche a livello ambientale, economico e sociale.
Sia con la Legge 3 agosto 2009, n.102 (art.4-quinquies) che con la recente Legge di Stabilità
(art.7 legge 12 novembre 2011, n.183), si è manifestata l’intenzione del Governo di facilitare
l’accesso dell’imprenditoria giovanile ai terreni agricoli pubblici, intenzione alla quale ad oggi non
ha fatto seguito alcun atto concreto. E nulla si è fatto per riassorbire nel settore agricolo i soggetti
che in questi anni per motivi diversi hanno perso il lavoro. In particolare, per quanto concerne il
Comune di Roma, si susseguono invece assegnazioni di immobili su terreni agricoli con procedure
non trasparenti, a soggetti che nulla hanno a che vedere con l’agricoltura, o progetti di utilizzazione
inadeguati alla vocazione e alla storia di quelle aree. Al contrario, è evidente che nell'Agro Romano
vi sono aziende agricole ben strutturate, professionali e forti di esperienze pluriennali di lavoro e di
rapporti che possano sostenere l’insediamento dei giovani e costituire nuovi esempi di spazi agricoli
produttivi e multifunzionali.
Per questo riteniamo intollerabile lo stato di degrado in cui versano ad oggi molte di
queste aree e il grave ritardo con il quale l’Amministrazione di Roma Capitale sta portando a
compimento le procedure di acquisizione previste dalle compensazioni urbanistiche, alcune
delle quali derivano da vertenze “storiche” sostenute dal tessuto associativo locale. A maggior
ragione in un periodo di grave crisi economica da questo patrimonio può e deve nascere
un’opportunità di lavoro per giovani e meno giovani e un’occasione di rilancio del governo
partecipato dell’Agro Romano, nel rispetto e nella valorizzazione delle sue caratteristiche
storiche e naturali, che ne mantenga e valorizzi il carattere di “Bene Comune” fruibile.
Quindi si chiede alle Autorità competenti attenzione e risposte, atti politici e azioni
conseguenti alle seguenti richieste:
1) Contrastare le politiche urbanistiche di ulteriore espansione edilizia a danno dell'agro
romano e perseguire una riorganizzazione dell’area metropolitana fondata sulla
“discontinuità ambientale” intesa come elemento di connessione e di identità degli
insediamenti urbani esistenti. Per fare questo è necessario assumere come limite
dell’espansione edilizia quanto previsto dal PRG e dal PTPG la cui pianificazione è
coerente con quella del Piano Territoriale Paesistico Regionale che deve essere
approvato definitivamente così da garantire certezza nella tutela dell’agro romano.
Pertanto è necessario annullare il bando per la trasformazione urbanistica delle aree
agricole approvato con la delibera di Giunta Comunale 315/2008, intervenire sui
toponimi attraverso programmi urbanistici dove la rettifica dei perimetri risponda
solo ad effettive esigenze di riqualificazione e non a logiche meramente immobiliari,
escludere le aree agricole dagli accordi di programma in deroga consentendo solo
quanto previsto dalla normativa regionale vigente
2) Portare rapidamente a compimento tutte le procedure tecniche e amministrative per
l’acquisizione pubblica delle aree interessate e, nello specifico, di quelle coinvolte da
compensazioni urbanistiche e per l’impegno dei relativi oneri a carico dei cedenti,
assicurandosi che vengano prese in carico e manutenzione anche per prevenire
eventuali usi impropri che possono compromettere un corretto utilizzo per il futuro,
visto che sono costate alla città in termini di pesi urbanistici .
3) Definire una strategia di utilizzo dell’intero sistema delle aree agricole di pregio già
patrimonio pubblico, acquisite ed in corso di acquisizione da parte del Comune di
Roma partendo dalla necessità del loro utilizzo agricolo. Evitare dunque che esse
vengano trattate come aree verdi standard, dotate di spazi e attrezzature per
un’utenza di tipo generico, quando sono, per vocazione e storia, parte integrante del
patrimonio produttivo dell’Agro Romano e hanno, insite, valori storici, ambientali e
paesaggistici molto elevati. Si richiede, inoltre, un’attenta vigilanza affinché le risorse
economiche previste dalle compensazioni siano utilizzate in modo coerente al
raggiungimento di questo obiettivo.
4) Individuare, censire e fare una ricognizione dei terreni e dei territori che possono
essere definiti parchi agricoli come previsto dal nuovo P.R.G. del Comune di Roma ed
eventualmente inserirle in un catasto agricolo dell'amministrazione.
5) Predisporre un adeguato strumento pubblico trasparente per l’assegnazione con
contratti agrari dei terreni con vocazione agricola nella disponibilità di Roma Capitale,
della Provincia di Roma, della Regione Lazio, dell’Agenzia del Demanio e di altri Enti
ad aziende agricole che favoriscano anche l'occupazione l’imprenditoria giovanile sulla
base della valutazione del progetto aziendale, dell’integrazione con forme di gestione
della fruizione, della manutenzione dei territori e servizi per la cittadinanza e della
tutela delle aree interessate.
6) Creare normative, forme di sostegno e di credito a favore delle realtà che investono su
questo percorso, preferendo, laddove sono presenti quelle di giovani, di lavoratori
sociali, soggetti espulsi dal mondo del lavoro e donne,
riproponendo l’aiuto del P.S.R. (PIANO di SVILUPPO RURALE) e delle Politiche
Comunitarie anche a sostegno dell’area AgroRomano.
È fondamentale ristabilire un rapporto tra la campagna e la città, rifondare un patto di
solidarietà, un alleanza tra agricoltori e cittadini e questa vertenza e percorso ne possono
essere una opportunità.
« La lotta per la salvaguardia dei valori storico-naturali del nostro paese è la lotta stessa per
l'affermazione della nostra dignità di cittadini, la lotta per il progresso e la coscienza civica contro
la provocazione permanente di pochi privilegiati onnipotenti. »
Antonio Cederna
PROMUOVONO LA VERTENZA :
Territorio-Roma; Cooperativa Agricoltura Nuova; Cooperativa Co.Br.Ag.Or.; C.I.A. Roma
(Confederazione Italiana Agricoltori); Società Agricola Co.R.Ag.Gio.; Cooperativa Pisacane;
A.I.A.B. (Associazione Italiana Agricoltura Biologica) ; CGIL Roma e Lazio


Cooperativa Romana Agricoltura GIOvani

Abbiamo costituito la “Società Agricola CO.R.AG.GIO.” come libera associazione di giovani, il cui obiettivo è fornire proposte concrete e disporsi come punto di ascolto al fine di realizzare, e diffondere le idee proposte dal Comitato di sostegno e dalla cittadinanza interessata.

Noi crediamo fermamente che la pratica dell’Agricoltura Urbana Multifunzionale sia la migliore risposta alle problematiche sociali ed urbanistiche emerse nell’attuale contesto storico.

Un’agricoltura quindi d’avanguardia, che si propone come nuovo servizio urbano, disposta verso i bisogni della città e delle persone, capace soprattutto di offrire un’ampia varietà di risorse e spazi di elevata qualità.

I bisogni e le problematiche che intendiamo sciogliere sono:

1- ESIGENZA LAVORATIVA: ricerchiamo un lavoro soddisfacente e realizzante, scelto e libero, che investa appieno l’esistenza degli individui, sosteniamo il lavoro agricolo in gran parte dimenticato ed escluso dall’offerta nel mondo del lavoro attuale

2- ESIGENZA DI SPAZI DISPONIBILI, che si prestino ad essere usati nei modi più variegati ed efficienti, per rispondere ai bisogni delle persone e per contrastare la carenza di luoghi pubblici a disposizione di tutti, ed infine per riallacciare il contatto tra gli abitanti della città ed il mondo della produzione agricola

3- ESIGENZA DI UNA CITTà VIVIBILE, lontana dalla logica della speculazione edilizia crescente come unica soluzione di sviluppo, una città di efficienza, una città di nuovo capace di produrre i beni necessari alla sua sopravvivenza, che miri all’autosufficienza, una città verde orgogliosa di se stessa.

4- RIUSO DEGLI SPAZI PUBBLICI IN STATO D’ABBANDONO: le molte aree urbane verdi dimenticate sono un problema ambientale e sociale, e attraverso un impegno concreto da parte delle amministrazioni devono essere affidate a chi vuole farsi carico del loro recupero e della loro valorizzazione.

A queste esigenze vorremmo rispondere con progetti il più possibile condivisi e partecipati, elaborati a partire dalle richieste della cittadinanza stessa, una cittadinanza che ha diritto ad imporre la sua voce nella gestione di LUOGHI pubblici, che di diritto le spettano.

Proponiamo quindi il recupero e la valorizzazione delle aree agricole in città, come uno strumento per il miglioramento del territorio basato sull'innalzamento della qualità della vita di tutti gli abitanti.

L’Agricoltura Urbana Multiservizio offre le possibilità a tutti i cittadini di avere:

1- spazi a disposizione dei più svariati usi di gruppi e di singole persone

2- spazi per attività formative di vario genere, in specie agricole

3- attenzione all’infanzia, con fattorie educative ed avvicinamento dei più piccoli ad attività, ad esempio, di artigianato, dimensione sempre più lontana dalla crescita e dalla formazione delle ultime generazioni

4- ristorazione di qualità accessibile a tutti

5- vendita diretta di prodotti agricoli, garantendo trasparenza assoluta tra produttore e acquirente avvicinando quindi il consumatore alla produzione ed ai produttori, dove i prodotti di qualità sono un importante mercato che si deve rendere accessibile alle tasche di tutti

6- lotti disponibili ad orti urbani per i cittadini desiderosi di svolgere la propria attività agricola produttiva di dimensione domestica, per la valorizzazione delle conoscenze preziose degli anziani, e per gestire con qualità e valore il proprio tempo libero

7- attività ed attrezzature per gli sport all’aria aperta a costi popolari

8- ciclopedonalità e possibilità di godere concretamente del verde pubblico

9- organizzazione di gruppi d’acquisto, estranei alla logica troppo spesso necessaria del supermercato

10- attività pubbliche come l’utilizzo di forni a legna a disposizione di tutti, area picnic, ed altro ancora, tutto a seconda delle richieste e delle proposte della cittadinanza

11- sviluppo di un’agricoltura all’avanguardia, sostenibile, e sostenuta da energie rinnovabili, in linea con la buona pratica dell’agricoltura biologica

12- contatto diretto con pratiche di lavorazione dei prodotti grezzi, dimensioni ormai lontane dallo stile di vita urbano.

13- offerta di avvicinamento alla possibilità lavorativa dell’agricoltura, oggi non considerata per l’assenza di opportunità

L'agricoltura quindi deve essere una delle componenti della vita cittadina!

Il vero miglioramento della qualità della vita deve tener conto della salute dell’ambiente rurale, la vivacità delle zone agricole rappresenta interessi vitali per la società nel suo complesso.

Le logiche di mercato hanno dimostrato di non essere in grado di garantire tali condizioni , ma propongono un modello pieno di lacune e che tende a limitare ed esaurire inevitabilmente le risorse pubbliche-ambientali, nel peggiore dei casi svendendole a privati interessati.

Il modello che proponiamo garantisce che ogni euro speso sarà speso per il miglioramento della qualità della vita , al contrario della logica della filiera oggi in uso, dove un euro speso serve a finanziare in massima parte il trasporto su gomma, i costi di imballaggio, i costi di pubblicità e in minima parte il prodotto finale.

Auspichiamo la più diretta partecipazione dei cittadini interessati, dei cittadini bisognosi e degli abitanti dei quartieri, per proporre un modello di sviluppo alternativo, fortemente democratico e all’avanguardia, semplicemente tutelando spazi, attività e persone con la forza del diritto di scegliere il proprio stile di vita, se possibile alternativo a quante più insoddisfazioni e frustrazioni ci è dato subire nella costrizione del salario, di una città sempre più soffocante, dei trend di consumo attuali, tutti effetti della logica della dipendenza da chi ha.

E ALLORA … Riprendiamo i nostri spazi pubblici

ED USIAMO CIò CHE è NOSTRO.

PROPONIAMO UN NUOVO RUOLO DELL'AGRICOLTURA per PRESERVARE E TUTELARE LE AREE PUBBLICHE contro la SFRENATA SPECULAZIONE EDILIZIA CHE DIVORA TERRA AGRICOLA, TERRA UTILE A PRODURRE BENI NECESSARI.

CORAGGIO! USCITE DAL SEMINATO!

CONTATTI:

agricoltura.coraggio@gmail.com

Facebook: Società Agricola Coraggio

Giacomo: 338 90 18 798

giovedì 22 marzo 2012

Usi civici, una lettura dalla Val di Susa

Comunicato/Appello scritto da alcune soggettività rurali presenti questi giorni ai blocchi in Valsusa

La maggior parte degli italiani non sanno che esistono questi diritti,che le terre destinate all'uso civico,nel dopoguerra arrivavano a 1/5 del territorio nazionale. Perchè in italia,dall'antichità fino ai primi anni dell'ultimo dopoguerra,molta della popolazione viveva sulle terre di montagna. Quindi: per affrancarsi,prima,dalla servitù e dagli eserciti,poi, dal mercato della terra e dalla mezzadria, sono cresciute zone con proprietà collettiva della terra e governo collettivo attraverso le regole (senza finalità di profitto) e i comunelli. Questo è stato un processo
che in alcune zone si è af fermato molto,durando ancora adesso. Le Regole nel Cadore/Ampezzano, le Comunanze nelle Marche, le Partecipanze in Emilia,le Comunalie nell'Appennino Emiliano, le Università Agrarie nel Lazio e nel Centro Italia,gli Usi Civici in Sardegna.
Ma nel dopoguerra,quando fecero la costituzione,accanto alla proprietà pubblica e privata, non fu messa la proprietà collettiva,inventando il demanio pubblico e favorendo così l'abbandono. Inoltre,in assenza di comunità e di associazione di abitanti,il bene viene incamerato dai comuni. Per questo molti comuni non facilitano la vita di queste iniziative sulla terra,financo le inchieste catastali. Infine oggi,dopo anni di tentativi di appropriazione delle terre collettive,il governo Monti ha deciso di sdemanializzare(cioè rendere vendibile) questo patrimonio che è collettivo.
Pensiamo che per reggere alla crisi occorre basarsi sulla ricchezza sociale,non su quella privata,nè su quella pubblica. Per questo è importante organizzarsi collettivamente per recuperare queste terre e gestirle attraverso pratiche sociali e solidaristiche. Come stanno facendo in Colombia e in altri paesi del atinoamerica. Rinnovando e rafforzando gli usi civici.

Assemblea Aperta Accesso alla Terra, 26 febbraio 2012, Terni


DOMENICA 26 FEBBRAIO 2012 ORE 18

ASSEMBLEA APERTA

"ACCESSO ALLA TERRA E DIFESA DEI TERRITORI DALLA SVENDITA STATALE"

PRESSO CSA GERMINAL CIMARELLI, VIA DEL LANIFICIO 19A TERNI, IN OCCASIONE DI MERCATOBRADO

L'assemblea vuole essere luogo di confronto ed espressione delle varie realtà che sulla terra ci lavorano, ci abitano e ci vivono, per rivendicare le comunanze e l'importanza che queste hanno oggi ed hanno avuto nella nostra storia, per progettare azioni sia locali che collettive, per difendere la terra da palazzinari e speculatori, veri beneficiari delle aste statali.

LE TERRE PUBBLICHE NON APPARTENGONO ALLO STATO.
LO STATO NON PUO’ VENDERE LE NOSTRE TERRE.

LE TERRE PUBBLICHE SONO UN BENE COLLETTIVO CHE ALLA COLLETTIVITA’ VA LASCIATO!

PER IMPEDIRE LA VENDITA DELLE TERRE AGRICOLE DI PROPRIETA’ PUBBLICA PREVISTA DALL'art.66 (Dismissione di terreni demaniali agricoli e a vocazione agricola) PERCHE’:


- La terra non può essere concepita in termini di possesso, perché è proprio in nome della proprietà privata e del profitto che le nostre terre sono ad oggi continuamente violentate, avvelenate e mostruosamente cementificate.

- E’ un dato di fatto che dal profitto ricavato dalla vendita dei beni comuni non ha mai tratto vantaggio la comunità a cui quei beni dovrebbero appartenere.

- Non crediamo alla favola del voler riavvicinare alla terra i giovani agricoltori. Con questa manovra avrà più semplice accesso alla terra solo chi se la può permettere, è l’ennesima minaccia a ciò che resta della piccola agricoltur a e il solo riferimento nella norma stessa ad eventuali cambi d’uso delle terre ne conferma la teoria.

Difendiamo l’autogoverno delle comunità locali attraverso la rivendicazione dello strumento, pratico e giuridico, delle comunanze. Sebbene il concetto dei diritti esercitati collettivamente è estraneo alla giurisprudenza moderna, le comunità hanno storicamente conservato e migliorato il loro patrimonio, mentre l’identità d’impresa, dal dopoguerra ad oggi, ha significato sposare valori legati al paradigma capitalista dello sviluppo cioè i valori della massimizzazione del profitto, della competitività del mercato, dell’ottimizzazione dell’efficienza produttiva in funzione dell’interesse economico privato e della rendita.

Proponiamo la rivitalizzazione degli usi civici e il coinvolgimento diretto delle comunanze agrarie del nostro territorio in un percorso di riappropriazione delle terre collettive.


- E’ ridicolo voler far credere che una manovra simile, le cui risorse nette derivanti equivarrebbero a circa 6 miliardi di euro, possa contribuire al risanamento di un debito pubblico che si aggira sui 1800 miliardi( proprio mentre in Val di Susa si costruisce un mostro il cui costo PUBBLICO supera i 30 miliardi.)

- Un paese che vende le terre agricole pubbliche rinuncia definitivamente alla propria Sovranità Alimentare

"Il collettivismo agrario che contraddistingue le Comunanze, i Domini collettivi, le Università agrarie e le altre associazioni agrarie di uso civico, non costituisce un residuo storico del passato, ma rappresenta una risorsa antica ed attualissima per la nostra Regione.

Infatti, la loro forte concentrazione nel territorio regionale, concorre attivamente al consolidamento delle attività economiche, all’attuazione di interventi di salvaguardia e valorizzazione dell’ambiente, alla conservazione del patrimonio monumentale.

In secondo luogo, nell’attuale fase di sviluppo delle aree rurali, alle associazioni agrarie va riconosciuta la capacità di far nascere indotti nella manifattura familiare, artigianale e nel settore dei servizi del sistema locale." da Uncem Umbria Marzo2011.

Tutte le Associazioni, Collettivi, Singoli, realtà interessate e sensibili all'argomento sono invitate a partecipare all' Assemblea.

(se qualcuno volesse partecipare col proprio banco a Mercatobrado già dalla mattina ce lo comunichi prima)

modulo per Petizione Popolare

PETIZIONE POPOLARE

(in forma di lettera aperta)

Spett. Governatore della Regione Umbria

Spett. Presidenti delle Province di Perugia e di Terni

Spett. Sindaci di tutti i Comuni della Regione Umbria

I sottoscritti cittadini cofirmatari della petizione popolare Le scrivono la presente per:

DICHIARARE

- la propria ferma contrarietà ad ogni ipotesi di vendita dei terreni agricoli anche marginali demaniali e relativi casolari ed altri edifici rurali sia attualmente utilizzati che non;

- la propria altrettanto ferma convinzione che il Governo nazionale e gli enti territoriali, Regioni, Province, Comuni e le amministrazioni locali abbiano, rispetto ai beni comuni, pubblici e demaniali, un ruolo di gestione e di indirizzo d’impiego per conto e su mandato dei cittadini, ma in nessun modo un titolo equiparabile a quello di un proprietario privato tale da consentirgliene l’alienazione su ampia scala;

- la propria altrettanto ferma convinzione che se l’ipotesi di vendita del demanio rurale fosse messa effettivamente in pratica ciò costituirebbe, dal punto di vista della democrazia, un abuso del mandato affidato dai cittadini attraverso le elezioni ai politici e agli amministratori che se ne rendessero responsabili;

SOTTOLINEARE

- che gli obiettivi di riduzione del debito pubblico vanno perseguiti per altre strade quali quelle della riduzione degli sprechi della politica, della rinuncia a grandi opere pubbliche inutili ed ambientalmente insostenibili, della riduzione delle spese militari… ;

- che gli accordi internazionali ed europei in materia finanziaria al fine di rispettare i quali sono intese le alienazioni non sono mai stati sottoposti a referendum o ad altre forme di giudizio da parte dei cittadini e che politici ed amministratori pertanto non sono nella posizione, per ottemperarvi, di decidere per una perdita irreversibile del patrimonio territoriale ed ambientale che appartiene a tutti noi;

- che i beni demaniali rurali – e particolarmente quelli abbandonati ed incolti – sono risorse importanti con cui, senza alcun costo, le amministrazioni pubbliche hanno la possibilità di affidare spazi ed occasioni di vita, di lavoro, di progettualità a cittadini e segnatamente a giovani che intendano sperimentare modelli diversi di vita e di economia e con ciò ricercare alternative praticabili e sostenibili ad un modello socioeconomico manifestamente in crisi, potenzialmente utili a tutta la società;

RICHIEDERE

- che i terreni agricoli demaniali e relativi edifici rurali rimangano di proprietà pubblica e vengano affidati con rapporti agevolati e di lunga durata a coloro che si impegnino ad usarli per un ripopolamento rurale incentrato su un’agricoltura neo-contadina, biologica e su piccola scala e su un inserimento ambientale ecosotenibile e rispettoso, privilegiando forme di lavoro e cooperazione solidali e con fini socio-ambientali e non di lucro;

- che la Regione Umbria e gli altri enti territoriali blocchino immediatamente ogni pecorso legale ed istituzionale inteso alla vendita del demanio rurale e contestualmente predispongano gli strumenti normativi atti a rendere disponibili per questo altro tipo di affidamento ecosostenibile gli stessi beni che avevano precedentemente considerato disponibili per la vendita;

FAR PRESENTE

- che terranno conto in maniera sostanziale della risposta che gli attuali propri rappresentanti politici sapranno dare alla presente petizione in tutte le prossime tornate elettorali.

Distintamente

………….

..................

Riprendiamoci la Terra!

RIPRENDIAMOCI LA TERRA!


Prima che sia venduta. Migliaia d’ettari di terreni demaniali ogni giorno vengono ricoperti di cemento, trasformati in strade, svincoli, bretelle, capannoni, supermercati, condomini, villette a schiera. Sotto i nostri occhi vediamo i luoghi che abitiamo o vorremmo vivere trasformati e resi irriconoscibili da un’urbanizzazione senza limiti; sotto le ruspe finiscono sponde di fiumi, boschi, terreni agricoli. Il Demanio, o quel poco che è rimasto di quell’enorme patrimonio che da sempre appartiene a tutti, da decenni subisce l’erosione di chi se ne impossessa per trasformarlo in proprietà privata. Migliaia d’ettari di terreni che diventano in poco tempo un uso esclusivo o proprietà di qualcuno e sottratti ad un uso collettivo. Ora questo processo sta subendo una forte accelerazione. Le leggi appena varate dal nuovo Governo prevedono un’annuale privatizzazione del patrimonio demaniale. Lo Stato sta vendendo qualcosa che appartiene a ciascuno di noi, che potrebbe essere usato da tutti e di cui nessuno è proprietario. I beni del demanio sono pubblici perché sono senza proprietari e nessuno, tanto meno lo Stato può appropriarsene per venderli.

Quello che rimane del territorio, che non sia legato in qualche modo alla merce e non porti profitto è in via di cancellazione totale e con esso la possibilità di creare spazi e luoghi usabili da tutti per l’oggi e per il futuro. Qualunque motivo venga messo in campo per vendere il Demanio non è sufficiente per giustificarne il furto alla collettività. Se “la proprietà è un furto” questa è una situazione in cui questa verità si manifesta nel modo più lampante e brutale.

Bisogna impedire che le terre demaniali vengano vendute,

e che non solo rimangano della collettività, ma che si incominci a pensarle e praticarle come territori dove si possano insediare attività gestite dalle persone, collettivamente, fuori e lontano dalla speculazione e dal mercato.

Occupare queste terre per impedirne la vendita significa preservarne le caratteristiche di bene comune, riappropriarsene, trasformarli in campi, orti, giardini e parchi autogestiti potrebbe aprire la strada ad un modo differente di considerare il rapporto tra tutti e il territorio in cui viviamo.

Su queste terre è possibile costruire un pezzo di quel futuro che ha alla base una produzione locale, diretta, biologica del cibo, dove il controllo di questo bene primario non sia in mano all’industria agroalimentare, dove si instaurano nuovi rapporti tra le persone, si pratica la libertà di agire lontani dal mercato. Se si vende il demanio è per sempre.

Dove sono le terre demaniali lo puoi vedere qui.

http://occupatene.noblogs.org